sabato 30 settembre 2017

La Campania vitivinicola - un po di ripasso è sempre utile.



Greco di Tufo (12), Fiano di Avellino (10), Taurasi (1) e Aglianico
del Taburno (2): sono i vini più famosi della Campania, espressione di straordinarie uve bianche e rosse, eccellenti rappresentanti di un'antica cultura enologica.
La Campania è una regione affascinante sotto molti aspetti. Storia, cultura, arte e tradizione,
hanno da sempre contraddistinto questa antica terra in ogni aspetto della vita sociale della sua gente. Nella cultura e nella tradizione della Campania, il vino e il cibo hanno sempre svolto un ruolo fondamentale, un elemento indissolubile con la storia di questa regione. Dal punto di vista
vitivinicolo, la Campania è una terra capace di raccontare decine di storie affascinanti che prendono forma nelle tante uve autoctone della regione e nei suoi tanti vini celebri, a partire dal Falerno, uno dei vini più antichi d'Italia e che rese onore all'enologia dello stivale prima ancora dei tempi degli antichi
romani. Per quanto affascinante possa essere la storia del vino Falerno, la Campania è ovviamente molto di più, un insieme di piccole e grandi realtà locali, ognuna di queste espressione di un mondo e di una tradizione assolutamente unica.
 La tradizione enologica della Campania ha origini molto antiche che risalgono ai tempi precedenti agli antichi romani. Sarà tuttavia durante il periodo dell'impero romano che la Campania inizierà a conoscere un fiorente sviluppo, tanto da fare giungere i suoi vini anche al di fuori dei confini del nostro paese. Si racconta che gli antichi romani, e in particolare gli imperatori di Roma, avevano una particolare predilezione per i vini della Campania. Grazie alle favorevoli condizioni climatiche e la particolare qualità del suolo, nella regione si crearono ottime
Casavecchia
condizioni per la coltivazione della vite e per la produzione del vino. Molti dei celebri vini antichi erano prodotti in Campania: il Caleno, il Faustiniano e, in particolare, il Falerno, considerato a quei tempi un vino talmente pregiato tanto da non avere rivali. Sono molti infatti gli autori di quell'epoca a decantare le qualità del vino Falerno,
Palagrello nero
compreso Plinio il Vecchio. Lo splendore enologico della Campania di quei tempi consentì anche lo sviluppo e il perfezionamento delle pratiche viticolturali ed enologiche.
 La storia dell'enologia in Campania inizia con l'arrivo degli antichi greci nelle terre che più tardi prenderanno il nome di Magna Grecia. Con molta probabilità furono i greci a introdurre i semi della vitis vinifera in Campania, tanto che la
Sciascinoso
maggioranza delle uve oggi considerate autoctone di questa regione sono di origine greca. Le principali uve autoctone della Campania, come Aglianico, Greco Bianco, Fiano, Falanghina, Biancolella e Piedirosso, sono, con molta probabilità, uve di origine greca. In particolare l'Aglianico, il quale nome si suppone derivi dall'antica città di Elea (oggi Novi Velia) e quindi Eleanico, oppure dalla corruzione del termine Ellenico, cioè “dalla Grecia”. L'influsso della cultura enologica degli antichi greci è ancora oggi visibile nelle tecniche di coltivazione ad “alberello” e nel
Piedirosso
modo in cui si potano le viti. Il contributo dei greci sarà fondamentale per il successo dei vini della Campania che si registrò in epoca romana.
 In epoca romana Pompei assunse un'importanza enologica molto elevata, non solo per la considerevole quantità di osterie che qui si trovavano - e nelle quali il Falerno non mancava mai - ma soprattutto per essere il principale centro commerciale vinicolo della Campania. Dai porti di Pozzuoli e di Sinuessa partivano infatti decine di migliaia di ettolitri che raggiungevano così i paesi del Mediterraneo e la Gallia.
Aglianico
Il prestigio del Falerno era tale che un'anfora di questo vino poteva addirittura valere il prezzo di uno schiavo. Purtroppo dell'antico Falerno non si hanno notizie certe sulla sua produzione e in particolare sulle uve. Plinio il Vecchio riferisce che questo vino si produceva con l'uva Falerna o Falernina, mentre Virgilio sosteneva che si producesse con le antiche uve Aminee provenienti dalla Tessaglia. Il prestigio
Forastera
del rinomato Falerno finì con le sorti dell'impero romano: da vino eccellente divenne vino sconosciuto con un degrado notevole nella qualità.
 Con la fine dell'impero romano, inizia infatti il declino dell'enologia Campana: da produttore di grandi e raffinati vini, divenne in fretta un'area di completo disinteresse per il vino, fino a giungere al Medioevo, quando si registrò uno dei periodi più cupi per la vite e per il vino
Biancolella
in questa regione. Probabilmente una delle cause di questo declino fu dovuta al fatto che in Campania - contrariamente a quanto accadeva altrove - la produzione di vino era prevalentemente affidata a piccoli produttori: qui non si registrò il forte influsso dei monasteri e della loro opera di conservazione e sviluppo in campo vitivinicolo. Tuttavia, anche nel periodo Medioevale, alcuni dei vini Campani conobbero un discreto successo. Alla corte di Federico II era presente infatti il Fiano e nel 1300 fu la volta dell'Asprinio, coltivato ancora oggi da alcuni produttori secondo l'antico sistema della vite maritata, un segno della cultura Etrusca in
Pallagrello bianco
queste terre. La spiccata acidità dell'Asprinio fece comprendere già nel 1300 le sue potenzialità nella produzione di vini spumanti, tanto che nel 1700 molti commercianti francesi e ungheresi arrivavano fino ad Aversa per acquistare le uve da usare per la loro produzione di vini con le bollicine.
 Bisognerà attendere l'epoca rinascimentale e barocca per registrare un nuovo, seppure modesto, rilancio dei vini Campani. Fu questo
Coda di volpe
infatti il periodo nel quale la Campania enologica era rappresentata dai celebri vini Mangiaguerra, Aglianico, Asprinio, Fistignano, Falanghina, Corsara, Cerella, Lagrima, Coda di Cavallo e i tanti tipi di Greco. Il 1700 segnò il nuovo declino dell'enologia campana, periodo nel quale si registrò solamente l'interesse per le pregiate uve Pallagrello Bianco e Nero, che dopo un periodo di oblìo, sono state recentemente riscoperte. Nonostante l'oidio e la fillossera arrivarono in Campania molto più tardi che altrove, la viticoltura subì danni ingentissimi. Dopo un periodo non proprio
Greco bianco
nobile, passato fra il recupero dell'antico patrimonio e l'introduzione di nuove varietà, l'enologia campana riprenderà la via della qualità a partire dagli anni 1980. Negli ultimi venti anni i vini della Campania stanno registrando incredibili successi e notevole interesse da parte dei consumatori, un interesse che riguarda sia i bianchi sia i rossi. Greco di Tufo, Fiano di Avellino, Falanghina, Taurasi e le diverse espressioni dell'imponente
Fiano
Aglianico, sono solamente alcuni dei tanti vini che oggi fanno della Campania una delle regioni più interessanti d'Italia dal punto di vista enologico.
 I vini della Campania, esattamente come tutte le altre regioni d'Italia, sono classificati in accordo al sistema di qualità in vigore nel paese. Per molti anni, l'imponente Taurasi era l'unico vino della Campania ad essere riconosciuto con la Denominazione d'Origine Controllata e
Falanghina
Garantita. Dal 2003, il Taurasi non è più solo in questa categoria, poiché è stato affiancato nella categoria DOCG dalle altre due perle dell'enologia regionale: Greco di Tufo e Fiano di Avellino e dal 2011 dall’Aglianico del Taburno. Nella regione si producono anche interessanti vini classificati nella categoria dei vini a Indicazione Geografica Tipica (IGT), prodotti sia con uve autoctone, sia con uve
asprinio
“internazionali”. Attualmente in Campania sono definite 15 zone a Denominazione d'Origine Controllata, e precisamente: Aversa, Campi Flegrei, Capri, Castel San Lorenzo, Cilento, Costa d'Amalfi, Falerno del Massico, Galluccio, Guardiolo o Guardia Sanframondi, Irpinia, Ischia, Penisola Sorrentina, Sannio, Sant'Agata dei Goti, e Vesuvio.
La produzione vinicola della Campania riguarda l'intera regione, tuttavia una maggiore concentrazione si registra nella provincia di Avellino - area dalla quale provengono Taurasi, Greco di Tufo e Fiano di Avellino - e di Benevento, i quali vini appartengono in gran parte alle interessanti DOC Sannio e Taburno. Il patrimonio ampelografico della Campania è estremamente ricco, in particolare
Ischia
di uve autoctone, che dopo essere state ignorate per anni in favore delle varietà “internazionali” - esattamente come accadeva in altre regioni d'Italia - negli anni 1990 sono state riscoperte e valorizzate come certamente meritano. I vini più interessanti della Campania sono infatti prodotti con uve autoctone, sia bianche sia rosse, un autentico tesoro che la regione riesce a sfruttare pienamente caratterizzando in modo assolutamente unico la produzione enologica della Campania. In questo senso, l'esempio

della Campania dovrebbe essere seguito anche altrove in Italia, poiché ogni regione dello stivale è ricca di uve autoctone tali da rendere assolutamente unica ogni area vinicola.
 Nei vini Campani è piuttosto insolito trovare nelle composizioni la presenza di uve “internazionali”: la parte del protagonista in questa regione spetta alle uve autoctone. Fra le uve a bacca bianca autoctone della Campania si ricordano Asprinio, Falanghina, Fiano, Greco Bianco, Coda di Volpe, Pallagrello Bianco, Biancolella e Forastera. Interessante anche il gruppo delle uve autoctone a bacca rossa, a partire dall'Aglianico - il re di questa regione - al quale si uniscono
Vite secolare di aglianico
Piedirosso (qui detto Per'e Palummo, Piede di Colombo), Sciascinoso, Pallagrello Nero e Casavecchia. In particolare, il Casavecchia, dimenticato per anni e recentemente riscoperto con ottimi risultati, è un'uva dalle eccellenti qualità capace di produrre vini rossi di estrema eleganza e riccamente colorati, poiché il suo contenuto di antociani è superiore a quello dell'Aglianico. Fra le aree vinicole della Campania, una particolare attenzione merita l'eroica quanto tenace viticoltura che si pratica nelle isole della regione, in particolare a Ischia, che vanta la produzione di eccellenti vini bianchi da uve Biancolella e Forastera.
TAURASI E AGLIANICO
L'Aglianico è l'uva che più di ogni altra ha consentito ai vini rossi della Campania di imporsi anche al di fuori dei confini regionali. Nonostante l'Aglianico sia coltivato ovunque nella regione, la sua zona di elezione rimane l'Irpinia, in provincia di Avellino, dove si produce il vino rosso più rappresentativo della Campania: il Taurasi. Conosciuto anche come il Barolo del Sud, il Taurasi è un vino prodotto interamente con Aglianico, molto ricco, concentrato e complesso, elegante e sorprendente: un vino che difficilmente lascia l'appassionato indifferente. In Campania, Aglianico non significa unicamente Taurasi. Con questa eccellente uva si producono infatti anche la Docg aglianico del Taburno, in provincia di Benevento, altra ottima zona per i vini rossi prodotti con quest'uva. Sempre in provincia di Benevento, l'Aglianico è protagonista dei rossi dell'area del Sannio. L'Aglianico è inoltre l'uva principale nella produzione dei vini dell'area DOC di Falerno del Massico, in provincia di Caserta.
GRECO DI TUFO E FIANO DI AVELLINO
 Fra i tanti vini bianchi della Campania, due in particolare sono riusciti a mettersi in evidenza, arrivando anche, nel 2003, ad ottenere il riconoscimento della Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG). Greco di Tufo e Fiano di Avellino, entrambi prodotti in provincia di Avellino, sono infatti i bianchi più celebri della Campania, unitamente a quelli prodotti con l'eccellente Falanghina. Il Greco di Tufo, che prende il nome dall'omonima località e che si produce anche nella versione spumante, è composto in larga parte da Greco Bianco e in minore percentuale dalla Coda di Volpe, è un vino bianco secco di corpo e piuttosto fresco. Più profumato invece il Fiano di Avellino, grazie appunto al contributo dell'uva omonima, che i latini chiamavano Apianum, poiché le api erano solite posarsi sui grappoli appesi ad appassire in attesa di diventare vino dolce. Il Fiano di Avellino è un vino elegante e sorprendente di profumi, tuttavia complesso e di buona struttura, spesso aumentata anche dalla maturazione in botte, una pratica utilizzata da alcuni produttori locali.

ALTRE AREE DI PRODUZIONE

Molte sono le aree vinicole interessanti della Campania, fra queste quelle della provincia di Caserta, in particolare Aversa, patria del celebre Asprinio, e Falerno del Massico, l'area che mantiene in vita, benché con vini completamente diversi, il glorioso passato di questo celebre vino tanto apprezzato in tempi antichi. L'area del Vesuvio si distingue per la produzione del suo Lacryma Christi, apprezzato già dal 1500 nella versione dolce, oggi è prevalentemente prodotto nella versione secca come bianco, rosso e rosato. Di particolare interesse è l'affascinante isola d'Ischia dove si producono eccellenti vini bianchi da uve Forastera e Biancolella e rossi con uva Piedirosso. Nella zona di Benevento è da segnalare la vasta area del Sannio, dove operano diverse cantine sociali, e dalla quale si producono interessanti vini bianchi e rossi. Una particolare citazione spetta alla riscoperta di tre uve antiche e che oggi, grazie alla tenacità di pochissimi produttori in provincia di Caserta, continuano a regalare piacevoli e interessanti vini: Pallagrello Bianco, Pallagrello Nero e Casavecchia.

venerdì 29 settembre 2017

Pillole di marche di champagne



Molte marche di Champagne hanno conquistato la fama durante i loro tre secoli di storia, mentre altre, nate più tardi, sono riuscite a conquistare una grossa notorietà grazie all'alta qualità espressa.
Tra le piu antiche, nate addirittura nel settecento, ci sono Veuve Clicquot-Posardin, Gosset, Moët et Chandon, Delamotte e Ruinart. Queste aziende hanno visto gli albori della produzione dello Champagne moderno e tutte le trasformazioni che hanno portato
questa regione da una produzione “normale” a una qualitativamente eccelsa e riconosciuta in tutto il mondo.
Il processo è stato lento, dovuto a moltissimi fattori, sia di opportunità commerciali che di ricerche per arrivare a un vino unico.
Alcune di queste grandi marche hanno contribuito in maniera decisa all'evoluzione dello Champagne da vino fermo a grande effervescente delle case reali europee. È il caso di Veuve Clicquot e del suo capo cantiniere Antoine Muller, che inventando le pupitres nel 1818, diede una svolta decisiva alla tecnica di vinificazione e spumantizzazione dello champagne, rendendo la metodologia della seconda fermentazione in bottiglia più precisa e costante.
Sempre Veuve Clicquot fu protagonista, insieme a Louis Roederer, della conquista del mercato russo, che dominarono fino alla Rivoluzione Russa.
Altre aziende, come Salon, sono invece nate molto tempo dopo,
quando le tecniche dello champagne erano già affinate e lo stile del vino ben definite. Questo però non ha impedito alla maison di divenire un mito tra gli appassionati e gli addetti ai lavori francesi, tanto da essere più volte eletto come migliore champagne.
Anche Krug, nonostante sia stata fondata nel 1848, arrivò in un periodo in cui gli Champagne iniziavano già a definirsi, e la produzione iniziava a spostarsi da vini dolci verso una produzione più secca e appetibile per gli inglesi soprattutto, che preferivano vini da poter consumare durante i pasti. Infatti, negli stessi anni, nasceva Pol Roger, che indirizzava subito la sua produzione verso il mercato inglese che rimane a tutt'oggi il suo principale importatore.

Billecart Salmon fu invece la prima maison a sbarcare in modo decisivo negli Stati Uniti, anche se la sua posizione dominante durò molto poco a causa di problemi legali e finanziari dei suoi concessionari d'oltreoceano.

Marche di grande qualità

Sono molte le aziende reputate a livello globale che contribuiscono a fare dello champagne un simbolo di lusso e di festa. André Clouet è una di queste maison, fondata sotto Luigi XV, conserva ancora numerose tradizioni dell'epoca, con lunghe permanenze sui lieviti per avere splendidi vini ricchi e vinosi. L'azienda possiede solo 9 ettari, per una produzione di appena 60 mila bottiglie. I terreni sono
tutti classificati tra i migliori cru, e il Pinot Noir coltivato è reputato eccezionale e molto versatile, da abbinare al pesce grigliato, la pasta e anche i formaggi.
Gatinois è un'altra grande casa, molto reputata, presente nella Champagne fin dal lontanissimo 1696, ben prima che questo vino diventasse effervescente e noto come oggi, che coltiva ancora i suoi sette ettari al 90% di Pinot Noir e il 10% di Chardonnay in fondo a un pendio particolarmente calcareo, fattore decisivo per ottenere Champagne dal lungo invecchiamento e dai profumi intensi.
Produce anche un eccellente fermo, non facile da ottenere in questa regione fredda e umida.
Charles Heidsieck è tra le case più prestigiose, notissima su entrambe le sponde dell'oceano, ottimo compagno per numerosi abbinamenti. La storia dell'azienda è abbastanza avventurosa, con il suo fondatore che, accompagnato dal cognato, fu addirittura arrestato durante la guerra di secessione per i suoi rapporti commerciali con i Confederati in Louisiana. Nonostante questo l'azienda trovò nuovi sbocchi commerciali in Estremo Oriente e in Sud America e alla fine della guerra civile americana tornò alla ribalta anche negli States.
L'altra maison, dal nome simile, la Piper-Heidsieck, invece non esprime una qualita eccelsa, anche se sufficiente, ma grazie ad
attente strategie commerciali, è riuscita a imporsi, grazie soprattutto al mercato americano, come un'azienda di grande fama. Negli ultimi dieci anni l'azienda sta comunque compiendo degli sforzi per rendere il suo Champagne più complesso ed elegante.

Marche Champagne: Champagne di alta qualità e poco conosciuti

Molte aziende di grande qualità sono comunque ancora sconosciute al grande pubblico, ma apprezzate dagli addetti ai lavori.
È il caso di R &L Legras, nata solo nel 1972 ma subito impostasi per qualità all'attenzione dei grandi ristoranti parigini e francesi
elencati in molte guide reputate. L'azienda sfrutta 21 ettari nella Côte des Blancs, che rende questi champagne fini ed eleganti, con profumi sontuosi e tostati, floreali con corpo secco ma non troppo pesante.
A chi piacciono invece i gusti secchi e le bottiglie eleganti, oltre il buon vino dal sapore complesso e pieno, può provare lo Champagne di bruno Paillard, famoso per produrre solo vini con
dosaggi minimi. L'azienda, fondata appena nel 1981, vede l'80% della sua produzione rivolta al mercato estero, Stati uniti, Belgio, Svizzera e Gran Bretagna come paesi principali.

giovedì 28 settembre 2017

L'Aleatico - Isola d'Elba - Gioia del Colle - Gradoli


L'Aleatico è un vitigno rosso particolare e aromatico della Toscana, forse importato nella regione dai Greci al tempo delle loro colonizzazioni nella penisola italiana. La sua origine rimane comunque incerta e il suo forte aroma di Muscat suggerisce anche una diversa provenienza come mutazione rossa, naturale e spontanea, del Muscat Blanc à Petit Grain. Le prime testimonianze scritte risalgono al trecento quando veniva chiamato, nell'opinione del De Crescenzi, Livatica. La sua provenienza greca troverebbe valore dal testo di metà del novecento di Logothesis in cui si fa riferimento al Liatico di Creta conosciuto ed apprezzato già nel XVI secolo, quando Francesco Redi, poeta e scienziato dei Medici, ne tesseva le lodi nel Bacco in Toscana. Sempre un artista protetto da casa Medici, il pittore Bartolomeo del Bimbo, lo raffigurò in un suo quadro nel seicento con il nome di Liatico della Villa de' Biadori. Altre testimonianze storiche lo descrivono tra i protagonisti delle Colline Pisane (Giovanni Mariti, 1797) , e tra
Appassimento dell'aleatico all'Elba
quelli della Val di Nievole (Sismondi 1801), come uva moscato rossa. Di Rovasenda a fine ottocento invece lo colloca in provincia di Lucca descrivendolo come Aleatico ciliegino noto anche con il nome Occhio di Pernice.

Tra i vari sinonimi con cui è stato descritto troviamo Aleatico di Portoferraio, Uva Liatica, Leatico, Aliatico, Aleatica, Aleatico nero di Firenze e Aleatico gentile.
Le testimonianze riguardano anche le isole del Tirreno come la Corsica dove veniva assemblato nel Rappu, un vino di alta alcolicità e struttura.
Non è comunque molto diffusa, anche la si trova in piccole superfici nel Lazio e in Puglia. In Toscana occupa circa 65 ettari di cui una quarantina nelle aree a denominazione di origine. La si trova soprattutto all'isola d'Elba e in provincia di Grosseto. Negli
Vigna dell'isola d'Elba
ultimi anni anche grazie a vinificazioni più attente nella versione dolce e passito sta leggermente ampliando la sua superficie vitata.

Presenta un grappolo di medie dimensioni, alato e compatto, con acino sempre di medie dimensioni, sferico, con buccia blu leggermente spessa, molto concentrata in pruina. Il germogliamento è abbastanza precoce, mentre la maturazione è di medio periodo, a volte leggermente precoce, comunque nelle prime due settimane di settembre.
Ha un buona tolleranza alle malattie anche se può soffrire di acinellatura. Viene coltivata su terreni collinari sciolti di buona esposizione e temperature calde. La sua terra d'elezione resta comunque l'Elba, dove viene generalmente appassita.

I vini dell'Aleatico

L'Aleatico viene principalmente appassito per ottenere vini dolci da dessert. Fa parte comunque anche di numerosi assemblaggi nella versione secca come nel DOC Bolgheri rosato, nell'Elba rosso, nel Vinsanto Occhio di Pernice, nel Monteregio, nel Parrina e negli
IGT Maremma toscana e Toscano. Al di fuori della Toscana lo si trova nel Aleatico di Gradoli, nel Aleatico di Puglia, nel Gioia del Colle, nel Salice talentino, nell'Orvieto, nel Val di Cornia e nel Sovana. Può, in queste denominazioni, essere vinificato anche in purezza.
Dall'Aleatico si vinifica un passito rosso rubino intenso con sfumature violacee che tendono all'ambrato con l'invecchiamento. Ha un buon impianto olfattivo persistente, dove predomina l'aroma di sottobosco, finito dalla rosa e dall'amarena. Il palato è generalmente morbido e setoso, con richiami gustativi all'impianto olfattivo sfumato nella frutta secca. Gli aromi di Moscato sono ugualmente presenti, per cui se ne presuppone l'origine da questo vitigno.

I produttori

Un ottimo Aleatico in purezza è vinificato da Petricci e Del Pianta nel suo Val di Cornia Aleatico Stillo Passito di 15% vol di un bel rubino porpora. Bei profumi di ciliegia sotto spirito con sfumature di iris aprono alle more in confettura e allo smalto. Dolce, morbido e fresco il palato ha un buon equilibrio. Da provare con le crepes ai lamponi.
az. agr. La Chiusa Isola d'Elba

Ottimo anche l'Elba Aleatico DOC di Cecilia, puro, dolce, di 15% vol con begli aromi di mirtilli, fragole e gerani sorretti da note di noce moscata. Struttura piena ed equilibrata al palato per le sfogliatine alle fragole.
Da Bulichella invece l'ottimo Aleatico IGT ancora più alcolico, 16% vol, ancora con le ciliege sotto spirito in primo piano aperte da nette sensazioni di rosa e chiuse da toni iodati. Strutturato e ben dolce, dai tannini ben modellati, il palato si associa bene alle crostate di frutta rossa.
Sempre un buon Elba Aleatico viene da Acquabona, puro da 14% vol. Un vino dai toni porpora, con frutti rossi in confettura, fiori di gelso e spezie dolci e nere nell'impianto olfattivo. Bel palato avvolgente e dolce con una bella persistenza. Ottimo con il cioccolato speziato o al peperoncino.
Al di fuori della Toscana è la Puglia l'altra regione protagonista per l'Aleatico, vinificato ottimamente in assemblaggio con la malvasia Nera da Valle dell'Asso nel suo Il Macàro S.A. IGT, un bel vino dolce da 15% vol vestito di arancio scuro. Alla frutta sotto spirito nel naso seguono la frutta secca e le spezie con toni leggermente tostati. Il palato è caldo e sapido. Dopo sei anni d'invecchiamento si degusta con il pecorino di fossa.
Santi Dimitri invece vinifica un puro Aleatico Passito Serra dei Santi con aperture ai frutti di bosco,
profumi di rosa finiti da tocchi minerali. Il corpo è solido, ben strutturato, con una buona freschezza da associare alla pasta frolla ai frutti di bosco e gelatina.

mercoledì 27 settembre 2017

Pillole di enografia del veneto

Amarone della Valpolicella 33 - Asolo-Prosecco30 - Bagnoli Friularo o Friularo di Bagnoli - 40 Bardolino Superiore - 24 Colli di Conegliano 8 - Colli Euganei Fior d’Arancio o Fior d’Arancio Colli Euganei  35 - Conegliano Valdobbiadene-Prosecco o Conegliano-Prosecco o Valdobbiadene Prosecco - 18 Lison 36 - Montello Rosso o Montello 39 - Piave Malanotte o Malanotte del Piave 37 - Recioto della Valpolicella 34 Recioto di Gambellara 29 - Recioto di Soave 1 - Soave Superiore 25.

Amarone, Recioto, Soave, Prosecco: solamente alcuni nomi di vini famosi in tutto il mondo e che nascono dalla stessa regione dell'Italia settentrionale, fra le principali produttrici di vino del paese.
Il Veneto è una delle principali regioni d'Italia in termini di produzione quantitativa e qualitativa d'uva, i vini che si producono in questa regione sono famosi in tutto il mondo. Amarone, Recioto, Soave, Prosecco, Valpolicella e Bardolino, sono solamente alcuni nomi di vini conosciuti in tutto il mondo e che nella maggioranza dei casi identificano non solo il vino del Veneto ma anche quello Italiano. La caratteristica più interessante del Veneto è certamente rappresentata dal fatto che il successo dei suoi vini è largamente determinato dalle tante uve autoctone che si coltivano nella regione, sia bianche, sia rosse. Garganega, Trebbiano di Soave e Prosecco sono fra le principali uve con cui si producono vini bianchi; Corvina, Rondinella, Molinara e Raboso sono quelle principalmente utilizzate nella produzione dei vini rossi. L'enologia Veneta dispone di un ampio patrimonio ampelografico e diversità territoriali tali da consentire una produzione di vini con diverse qualità, da vini leggeri e piacevoli fino a quelli più robusti e impegnativi, come l'Amarone.
 La storia del vino in Veneto esattamente come in qualunque altra regione d'Italia  inizia in epoche remotissime, molto prima dei tempi dei Greci  a cui si riconosce generalmente l'introduzione della vite in Italia  come ampiamente dimostrato da importanti scoperte archeologiche. Si ritiene che la vite fosse presente allo stato selvatico in Veneto già a partire da molti secoli prima di Cristo e l'uva era utilizzata dalle popolazioni di quei tempi come alimento. Si dovrà attendere fino al VII secolo AC per trovare le prime testimonianze della produzione enologica in Veneto per opera delle popolazioni Etrusco-Retiche, fra queste gli Arusnati. Le prime importanti citazioni scritte sui vini di questa zona risalgono all'epoca dei Romani, quando i vini della Retia furono decantati per la loro qualità. Il celebre vino Retico - prodotto con uva Retica - fu lodato da importanti autori del passato come Columella, Celso Aulo Cornelio, Marziale, Strabone, Svetonio, Plinio il Vecchio e, in particolare, Virgilio che riteneva questo vino secondo solamente al celebre Falerno.

 Un altro importante vino particolarmente famoso dopo la caduta dell'impero Romano era l'Acinatico, un vino dolce che può essere considerato il vero antenato del Recioto di Soave, Recioto di Gambellara e Recioto della Valpolicella. Si trattava di un vino dolce prodotto con uve fatte appassire in graticci e successivamente vinificate. L'Acinatico fu talmente apprezzato che Flavius Magnus Aurelio Senator,  meglio conosciuto come Cassiodoro e ministro del re Ostrogoto Teodorico, lasciò una sua testimonianza scritta in cui descrisse le qualità di questo vino e il suo più alto apprezzamento. Nonostante le popolazioni barbare che invasero queste terre apprezzassero questi vini, furono anche responsabili della devastazione di gran parte dei vigneti. Fu solo nel 643 che i vigneti del Veneto furono per la prima volta e per legge protetti con uno speciale editto. Il re Longobardo Rotari emise infatti un editto che stabiliva delle pene a chiunque provocasse danni ai vigneti o fosse ritenuto responsabile di furti d'uva.
 Provvedimenti simili furono promulgati anche più tardi, la coltivazione della vite fu ampiamente incentivata e la sua diffusione fu tale che si estese addirittura all'interno delle mura cittadine. Durante il medioevo, lo sviluppo della vitivinicoltura Veneta fu determinato dalla potenza commerciale di Venezia, che non solo consentì l'esportazione dei vini Veneti in altri paesi, ma anche l'introduzione di vini stranieri, in particolare quelli prodotti in Grecia e a Cipro. I commercianti Veneziani  oltre all'importazione del vino  introdussero anche nuove specie di viti, favorendone la diffusione nei territori vicini, come nel caso della Malvasia che da Venezia si diffuse nel Friuli Venezia Giulia e nella Dalmazia. Anche i famosi vetrai di Murano contribuirono alla diffusione del vino e del suo migliore apprezzamento. Le raffinate bottiglie e i bicchieri di vetro di Murano si diffusero rapidamente nelle tavole dei nobili sostituendo progressivamente i contenitori di ceramica, argento e peltro. I nuovi contenitori di vetro furono subito associati ai vini di qualità e ben presto arrivarono  in forme più semplici e meno pregiate  nelle tavole della gente comune di tutta Europa.


Con il decadimento della potenza commerciale di Venezia nell'area del Mediterraneo e in particolare nelle terre d'oriente  verso la metà del 1500  l'importazione dei vini Greci diminuì drasticamente offrendo una possibilità di sviluppo ai vini locali. Fu proprio in questo periodo che iniziò la fama dei vini della zona di Treviso, di Vicenza e, chiaramente, quelli del territorio della Valpolicella. Durante il XVI secolo il destino del vino Veneto fu caratterizzato da periodi alterni di grande diffusione così come di decadimento, in particolare a causa delle devastazioni provocate dalle guerre e dall'epidemie di peste. Nel 1709 si registrò un'incredibile stagione fredda che  a causa delle gelate  distrusse la maggioranza dei vigneti, un evento che sconvolse radicalmente la viticoltura Veneta. In seguito a questo catastrofico evento la viticoltura veneta fu approssimativa e la produzione dei vini seguì la stessa sorte. Fu solo nel 1800 che si tentò di fare rinascere l'enologia veneta attraverso lo studio delle caratteristiche del territorio e delle varietà che meglio si adattavano: un primo passo concreto verso la rinascita di qualità.
 Nonostante questi nuovi buoni propositi, altre temibili catastrofi erano in agguato, non solo in Veneto, ma in tutta Europa. Nella metà del 1800, con la diffusione dell'oidio, iniziò un'altra epoca buia per la viticoltura, seguito poi dalla peronospora e infine dalla fillossera. Questi infausti eventi non condizionarono comunque l'impulso della rinascita dell'enologia veneta che aveva oramai iniziato il suo cammino. Nel 1876 fu fondata la celebre Scuola di Enologia di Conegliano e nel 1923 la Stazione Sperimentale di Viticoltura ed Enologia. Grazie agli studi e l'impegno di questi due importanti istituti, fu possibile rilanciare concretamente l'enologia veneta verso la sfida del 1900 e che favorì inoltre l'introduzione nella regione di vitigni internazionali, un evento che non influì comunque sulla diffusione delle varietà locali. Dopo il 1950 - in veneto come in altre regioni d'Italia iniziò la ripresa dell'enologia e si cominciò a comprendere l'importanza strategica della qualità: un processo che si è concretamente sviluppato negli anni 1990 e che ancora oggi non mostra segni di cedimento.
I vini prodotti in Veneto sono classificati in accordo al sistema di qualità in vigore in Italia. Il livello più alto di questo sistema è identificato come DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) il quale prevede un'ulteriore classificazione di qualità nel caso in cui si indichi la sottozona di produzione. I livelli seguenti sono DOC (Denominazione di Origine Controllata), IGT (Indicazione Geografica Tipica) e Vino da Tavola. 
Le attuali  DOCG del Veneto sono:● Amarone della Valpolicella ● Bagnoli Friularo o Friularo Bagnoli ● Bardolino Superiore ● Colli Asolani - Prosecco o Asolo ● Colli di Conegliano ● Colli Euganei Fior d'Arancio ● Conegliano Valdobbiadene  Prosecco ● Lison ● Montello Rosso o Montello ● Piave Malanotte o Malanotte del Piave ● Recioto della Valpolicella ● Recioto di Gambellara ● Recioto di Soave ● Soave Superiore. 
Le attuali DOC del Veneto sono:● Arcole ● Bagnoli di Sopra o Bagnoli ● Bardolino ● Bianco di Custoza o Custoza ● Breganze ● Colli Berici ● Colli Euganei ● Corti Benedettine del Padovano ● Gambellara ● Garda

● Lessini Durello o Durello Lessini ● Lison-Pramaggiore ● Lugana ● Merlara ● Montello - Colli Asolani ● Monti Lessini o Lessini ● Piave o Vini del Piave ● Prosecco ● Riviera del Brenta ● San Martino della Battaglia ● Soave ● Valdadige Terradeiforti ● Valpolicella ● Valpolicella Ripasso ● Venezia ● Vicenza ● Vigneti della Serenissima.
Valpolicella, Amarone e Recioto
I vini rossi più celebri del Veneto sono prodotti nella Valpolicella (o Valpantena) e fra questi il più rappresentativo è certamente l'Amarone. Questo vino - ricco, complesso e potente - è generalmente prodotto con le uve Corvina, Rondinella e Molinara. L'Amarone è prodotto con uve appassite - esattamente come il Recioto - che dopo la
vinificazione consentono di ottenere un vino potente e concentrato. Mentre l'Amarone è un vino secco, il Recioto contiene una certa quantità di zuccheri residui che ne determinano la dolcezza. L'Amarone può considerarsi un vino derivato dal Recioto, spesso definito nella Valpolicella come un Recioto scapà - cioè scappato - vale a dire un Recioto fatto fermentare per troppo tempo. Famosa è anche la tecnica del ripasso utilizzata per rendere più robusti e corposi i Valpolicella rossi. Questa tecnica consiste nel versare - cioè ripassare - un vino rosso nelle vinacce del Recioto o dell'Amarone, conferendo quindi al vino una maggiore quantità di aromi e struttura e - nel caso di vinacce di Recioto - anche una certa dolcezza. I vini rossi della Valpolicella sono principalmente prodotti con le stesse uve utilizzate per l'Amarone e il Recioto. 

Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene
 La zona di Conegliano, e in particolare Valdobbiadene, è famosa nel mondo per la produzione di spumanti prodotti con uva Prosecco. 
Sino al 2009 era comunemente denominato "prosecco". Con l'istituzione della DOCG Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene e della DOCG Asolo, che necessita di una particolare tutela, è stato adottato in via ufficiale il sinonimo "glera" in modo da non confondere fra loro vitigno e vino. In questo modo, inoltre, è venuta meno l'eventualità di definire un vino "prosecco" solo in base alle uve che lo compongono.
 Gli spumanti di questa zona sono prodotti con il sistema Charmat - o metodo
Vigne a Voldobbiadene
Martinotti - piuttosto adatto per l'esaltazione delle qualità aromatiche dell'uva Prosecco. Di particolare pregio è il Prosecco Superiore di Cartizze che prende il nome dall'omonima località nei pressi di San Pietro in Barbozza, nel comune di Valdobbiadene. Il territorio del Prosecco Superiore di Cartizze si estende per circa cento ettari e da cui si producono oltre un milione di bottiglie. Il Prosecco - oltre a essere disponibile nelle versioni spumante e con diversi gradi di dolcezza - è prodotto anche nelle versioni frizzante e tranquillo, cioè vinificato secondo le consuete pratiche enologiche in modo da ottenere un vino fermo e secco.

Soave e Recioto di Soave
I vini bianchi più celebri del Veneto sono certamente quelli prodotti nella zona di Soave, vicino Verona, in cui si trova la massima espressione di due celebri uve bianche della regione: Garganega e Trebbiano di Soave. La zona classica di produzione comprende due soli comuni - Soave e Monteforte d'Alpone - e da qui provengono i migliori vini bianchi di questa DOC. Questa zona di produzione prevede inoltre una denominazione di origine controllata e garantita (DOCG) riservata esclusivamente al
Soave Superiore. Oltre ai vini da tavola secchi, la denominazione Soave prevede anche la produzione di spumanti, sia metodo classico sia Charmat. Il primo vino - e quindi anche la prima area vinicola - a cui è stata riconosciuta la prima DOCG del Veneto è il Recioto di Soave. Questo vino è prodotto con uve appassite per circa sei mesi - principalmente Garganega - e quindi vinificate. Il risultato è un interessante vino dolce in cui è possibile riconoscere piacevoli aromi di albicocca secca, agrumi e miele, un vino suadente e perfetto con la pasticceria secca ma anche apprezzato da solo come vino da meditazione. 

Colli Euganei, Breganze e Torcolato
Una delle zone vinicole più interessanti della provincia di Padova è certamente quella dei Colli Euganei. In questa zona si producono interessanti vini - bianchi, rossi e spumanti - tuttavia il più interessante è il Fior d'Arancio (Docg), in particolare la versione passito, prodotto con uva Moscato Giallo. In questa zona si produce inoltre un altro vino interessante - il Serprino - da uve Prosecco e di cui la versione più tipica è quella frizzante. I vini rossi dei Colli Euganei sono generalmente prodotti con le uve internazionali Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, oltre a Raboso e Barbera. Nella produzione dei vini bianchi si impiegano generalmente Tocai Italico, Pinot Bianco, Moscato, Garganega, Riesling, Sauvignon Blanc e Pinello. L'area vinicola di
Breganze - in provincia di Vicenza - propone una pregevole produzione di vini bianchi e rossi e - in particolare - l'eccellente e celebre Torcolato. Anche in questa zona si coltivano varietà di uve internazionali - con le quali si producono sia vini bianchi, sia vini rossi - tuttavia la varietà più caratteristica dell'area è il Vespaiolo. Con questa varietà di uva si producono interessanti vini bianchi secchi, tuttavia la sua migliore espressione si ottiene dopo un adeguato appassimento e da cui si produce il celebre Torcolato, uno stupendo vino dolce apprezzato in tutto il mondo.

Altre Zone di Produzione
 Molte delle aree a denominazione di origine controllata del Veneto hanno reso celebre l'enologia della regione e dell'Italia nel mondo. Fra queste si trova certamente
Bardolino, i cui vini sono generalmente prodotti con le stesse uve dell'Amarone, tuttavia con minore struttura e carattere. In questa zona è inoltre prodotto il Bardolino Superiore (Docg). Un altro celebre vino bianco del Veneto è il Bianco di Custoza - di cui  è ammessa anche la produzione nelle versioni spumante e passito - prodotto con uve Trebbiano Toscano, Garganega,Friulano,(fino al 2007 denominato tocai) Cortese, Riesling Italico, Pinot Bianco, Chardonnay e Malvasia Toscana. Di particolare interesse è la produzione dell'area di Gambellara e in particolare il Recioto di Gambellara (Docg) prodotto con uva Garganega - oltre al più raro Vin Santo. Il Veneto condivide tre aree vinicole DOC con la regione Lombardia e nelle quali si producono interessanti vini: Lugana, San Martino della Battaglia e Garda. Una particolare menzione spetta al Raboso - protagonista dell'area vinicola del Piave - un'uva ricca di tannini e di acidi da cui si producono interessanti e robusti vini rossi. 

 

10 Domande per Sommelier 07/02/2020

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